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10 Novembre 2024 Festa di Cristo Re Omelia di don Angelo

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10 Novembre 2024 Festa di Cristo Re Omelia di don Angelo

“Vegna ver’ noi la pace del tuo regno”

10 novembre 2024

omelia di don angelo

E io penso che non sia cambiato, e anche per questo lo adoro, lo amo; e ancora mi

commuovo leggendo di lui, di Gesù. a cui diamo oggi nome di re alla fine dell’anno

liturgico.

Ma da quale altura gli diamo nome di re? Qui sta il problema, qui sta la differenza: la

possibilità che accetti, o no, le nostre declamazioni della sua regalità e del suo regno.

Dipende da quale altura. Perché, vedete, io penso che lui non sia cambiato e che ancora

oggi, come allora, da certe immagini di re e di regno lui rifugga. Dico re: da quale altura?

Dal monte della condivisione del pane e dei pesci o dal dosso, oggi evocato, dal calvario?

Voi ricordate, sul monte, alla fine un tripudio generale, un delirio collettivo: Gesù è come

se avvertisse pericolo di fraintendimento. E’ scritto: “Ma Gesù, sapendo che stavano per

venire a prenderlo per farlo re, si ritirò di nuovo sulla montagna, tutto solo”. Re a quella

maniera non ci stava. Non era il re dei troni; anche se poi – e dovremmo provare un certo

imbarazzo di troni, pochi o tanti, abbiamo finito per dargliene. Scolorendo a volte la

regalità vera, quella dall’altra altura, l’altura del dosso del Calvario. Da quella, dall’altura

della croce, Gesù non fuggì via, anche se glielo urlavano di sotto: “Se tu sei il re dei Giudei,

salva te stesso e noi”.

E noi? Noi dovremmo sostare a lungo a questo momento della croce che oggi Luca ci ha

fatto rivivere, per capire. Per capire che cosa diciamo quando diciamo “Gesù re

dell’universo”. Sostare. E come non commuoverci a questo dialogo tra condannati? E chi

l’avrà sentito? Un grumo di parole, quasi l’ultimo respiro per i tre della croce. Tutti, penso,

proviamo una immensa gratitudine per chi, quel grumo di parole tra crocifissi, se l’è

stampato nel cuore e poi l’ha raccontato.

ma non accade anche a noi? –

Il ladrone, che noi chiamiamo cattivo, era rimasto all’immagine gridata, quella di una regalità onnipotente, la regalità dei potenti della terra.

Loro aspirazione salvare se stessi, in prima istanza i loro interessi e un occhio di privilegio

per quelli del loro cerchio magico: “Salva te stesso e noi”. Così, il primo a parlare da vicino

sulla croce.

Poi la contestazione dell’altro, quello che noi chiamiamo il buon ladrone: rimprovera il

compagno e apre un dialogo di una intimità inenarrabile, che stupisce e insieme emoziona,

solo che tu pensi da dove si parlavano. Non potevano guardarsi negli occhi, si davano

parole di vicinanza. E riuscivano, miracolo, a sentirsi dentro quel vociare disumano: una

nicchia di umanità, oserei dire di tenerezza. Pensate il ladro che chiama Gesù con il suo

nome, il suo nome e basta, senza titoli, perché il titolo di quel Rabbi era la passione per gli

altri, di cui era giunta eco sino a lui: “Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno”.

Gli rispose: “In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso”.

E Gesù che si sente chiamare con tenerezza: assistito, diremmo, nella morte da un

malfattore, sollevato da quelle parole che erano per lui come la prova, dico umana, che

non aveva camminato invano. Tutto poteva sembrargli umanamente un fallimento: dove il

regno, il sogno, la strada aperta sulla terra? Non le folle, nessuno dei suoi. Disceso nella

somiglianza con gli uomini come ricorda la lettera ai Filippesi – sino a provare il

fallimento. E a dirci – ma non con le parole – che anche nel fallimento può aprirsi una

nicchia, una nicchia persino per Dio: lui sfiorato di tenerezza da un ladrone. Si può

accendere anche su un legno un brivido di relazione: “In verità io ti dico: oggi con me sarai

nel paradiso”. Con me.

Questo è il regno: combattere abbandoni e solitudini, costruire relazioni, uscire

dall’indifferenza, vivere una vera solidarietà, costruire un mondo più umano nella

fraternità e nella pace, toccare le ferite. Proprio in questi giorni un amico, a me caro, mi

diceva di un libro ora in libreria dal titolo suggestivo: “Tocca le ferite”, sottotitolo: “per una

spiritualità della non-indifferenza”. E’ del teologo Tomáš Halík: “Non credo”, egli dice, “in

fedi ‘senza ferite””, in cui mancano i ‘segni dei chiodi’. E ancora: “Non credo in divinità che

passano danzando per questo mondo senza essere toccate dal suo dolore… Il mio Dio è un

Dio ferito”.

“Regnò dal legno” canta la Liturgia. Pensate, proprio pochi giorni prima della sua

crocifissione, il giorno in cui gli dissero che a cercarlo era un gruppo di Greci, a Gesù venne

spontaneo dire: “Quando sarò elevato da terra, attirerò tutti a me”. Ora capisco che cosa

vuol dire “re dell’universo”: la vera attrazione, attrazione per tutti, è quella dell’amore.

Non quella del potere mondano, che abbaglia, seduce, manovra le folle, alla fine indotte a

scegliere Barabba. Altra la vera attrazione: la relazione, la cura.

Ebbene non so- voi sapete che fantastico, troppo – mi ha attraversato un pensiero: chissà

se, ascoltando il ladro in quel momento di intimità sulla croce, a Gesù sarà venuto

spontaneo pensare che quelle parole “Attirerò tutti a me” si stavano avverando: il primo

attirato quel ladrone, il primo di un universo – e ci siamo anche noi – re dell’universo.

A partire dal legno, quello della croce, ci sembra di intuire che cosa vuol dire re, che cosa

vuol dire, regno, che cosa vuol dire venga il tuo regno, per che cosa preghiamo quando

diciamo: “Venga il tuo regno”.

“Vegna ver’ noi la pace del tuo regno,

ché noi ad essa non potem da noi,

s’ella non vien, con tutto nostro ingegno”.

Letture

LETTURA (Is 49, 1-7)

È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe; ti renderò luce delle nazioni.

Lettura del profeta Isaia.

Ascoltatemi, o isole, udite attentamente, nazioni lontane; il Signore dal seno materno mi ha chiamato, fino dal grembo di mia madre ha pronunciato il mio nome. Ha reso la mia bocca come spada affilata, mi ha nascosto all’ombra della sua mano, mi ha reso freccia appuntita, mi ha riposto nella sua faretra. Mi ha detto: «Mio servo tu sei, Israele, sul quale manifesterò la mia gloria». Io ho risposto: «Invano ho faticato, per nulla e invano ho consumato le mie forze. Ma, certo, il mio diritto è presso il Signore, la mia ricompensa presso il mio Dio». Ora ha parlato il Signore, che mi ha plasmato suo servo dal seno materno per ricondurre a lui Giacobbe e a lui riunire Israele – poiché ero stato onorato dal Signore e Dio era stato la mia forza – e ha detto: «È troppo poco che tu sia mio servo per restaurare le tribù di Giacobbe e ricondurre i superstiti d’Israele. Io ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza fino all’estremità della terra».

Così dice il Signore, il redentore d’Israele, il suo Santo, a colui che è disprezzato, rifiutato dalle nazioni, schiavo dei potenti: «I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

Commento al filmato: è una spettacolare solennità e maestà, quella che trasmettono le note dell’Organo e dell’Orchestra nella stupefacente “Toccata, Symphony” di Charles-Marie Widor, insieme alle emozionanti immagini di “Mosè con le tavole della Legge” di Reni, “Giacobbe con le pecore di Labano”“il sogno di Giacobbe”di Ribera e, sulle impressionanti note di chiusura dell’Organo e dell’Orchestra, la grandiosa “disputa del SS.mo Sacramento”di Raffaello; queste emozioni ci fanno cantare con esultanza la profezia di Isaia:

«I re vedranno e si alzeranno in piedi, i prìncipi si prostreranno, a causa del Signore che è fedele, del Santo d’Israele che ti ha scelto».

Salmo Responsoriale (dal Salmo 21-22)

Dal legno della croce regna il Signore.

Lodate il Signore, voi suoi fedeli,

gli dia gloria tutta la discendenza di Giacobbe,

perché egli non ha disprezzato

né disdegnato l’afflizione del povero,

il proprio volto non gli ha nascosto

ma ha ascoltato il suo grido di aiuto. R.

Ricorderanno e torneranno al Signore

tutti i confini della terra;

davanti a te si prostreranno

tutte le famiglie dei popoli.

Perché del Signore è il regno:

è lui che domina sui popoli! R.

Si parlerà del Signore alla generazione che viene;

annunceranno la sua giustizia;

al popolo che nascerà diranno:

«Ecco l’opera del Signore!». R.

Commento al filmato:è gioioso, esultante, di straordinaria bellezza il canto del Violino solista con l’Orchestra nello splendido “Allegro” del Concerto in Do di Vivaldi; con grande emozione ci uniamo al salmista in questo Inno:

Si parlerà del Signore alla generazione che viene;

annunceranno la sua giustizia;

al popolo che nascerà diranno:

«Ecco l’opera del Signore!».

EPISTOLA (Fil 2, 5-11)

Cristo si fece obbediente fino alla morte di croce. Per questo Dio lo esaltò.

Lettera di san Paolo apostolo ai Filippesi.

Fratelli, abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo Gesù: egli, pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio, ma svuotò se stesso assumendo una condizione di servo, diventando simile agli uomini. Dall’aspetto riconosciuto come uomo, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e a una morte di croce. Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.

Parola di Dio.

Rendiamo grazie a Dio

Commento al filmato:è di una bellezza stupefacente questo “Allegro” dal “Concerto Con Molti Istromenti” in Do Magg. di Vivaldi; le sue armonie gioiose, esultanti, che raccontano l’insegnamento di san Paolo ai filippesi, fanno venire alla mente le emozioni che suscita in noi il versetto 8 del salmo 4:

«Hai messo più gioia nel mio cuore di quando abbondano vino e frumento.»

con questa gioia cantiamo al Nome di Gesù:

«Per questo Dio lo esaltò e gli donò il nome che è al di sopra di ogni nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra, e ogni lingua proclami: «Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre.»

VANGELO (Lc 23, 36-43)

Gesù, ricòrdati di me, quando entrerai nel tuo regno.

Lettura del Vangelo secondo Luca.

Gloria a te, o Signore

In quel tempo. Anche i soldati deridevano il Signore Gesù, gli si accostavano per porgergli dell’aceto e dicevano: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso». Sopra di lui c’era anche una scritta: «Costui è il re dei Giudei».

Uno dei malfattori appesi alla croce lo insultava: «Non sei tu il Cristo? Salva te stesso e noi!». L’altro invece lo rimproverava dicendo: «Non hai alcun timore di Dio, tu che sei condannato alla stessa pena? Noi, giustamente, perché riceviamo quello che abbiamo meritato per le nostre azioni; egli invece non ha fatto nulla di male». E disse: «Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

Parola del Signore.

Lode a te, o Cristo

Commento al filmato:le note veementi, frenetiche, dello spettacolare “Allegro” del Concerto in Re min di Vivaldi, cantano con toni drammatici la derisione dei soldati sotto la Croce: «Se tu sei il re dei Giudei, salva te stesso»-nei versetti successivi, il Pianoforte dello splendido “Chiarina” da “Carnaval op. 9” di Robert Schumann, canta con toni appasionati, struggenti, la conversione del “buon Ladrone”:

«Gesù, ricòrdati di me quando entrerai nel tuo regno». Gli rispose: «In verità io ti dico: oggi con me sarai nel paradiso».

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