12 Marzo 2023 3a Domenica di Quaresima Omelia di don Angelo
Nomadi innamorati
terza domenica di Quaresima
12 marzo 2023
omelia di don Angelo
Abbiamo fatto tutti fatica ad arrivare alla conclusione del brano: manca l’aria; aria ammorbata nel tempio di Gerusalemme, quasi in vigilia di morte: lapidiamo l’eretico, sbarazziamoci del rabbi del vento, fermiamo, una volta per tutte, l’uomo che cammina.
E pensare che la scorsa domenica con la samaritana respiravamo aria: ed era un andare e venire tra pozzo e città, con quel profeta di Galilea che aveva abbattuto steccati. E, a proposito di tempio, aveva detto che era giunta l’ora in cui i veri adoratori, Dio, lo arebbero adorato in spirito e verità. Semplicemente l’opposto di quello che stava accadendo nel tempio. E Gesù esce: tra quelle quattro mura non si respira.
E non saremo anche noi prigionieri delle mura? Dopotutto siamo qui in una chiesa. E che aria tira? Sì, dico, nella chiesa, ma anche in questo paese e, ancor di più, dentro di me. Che aria tira?
C’era un gran parlate di Dio nel tempio, e anche di Abramo. Ma, immobili loro, diventavano immobili pure le parole. Può succedere anche oggi, quando, parlando di Dio o pregandolo, è come se declamassimo. Ma a una persona, a un vivente, parleresti con quel tono? Il pericolo di fare di Dio una statua c’è sempre. Lo ricordava anni fa Francesco, era uno psicopatico, quel giorno uscì con una espressione folgorante, disse: “Vanno in chiesa ad adorare le statue”. Non dico che sia sempre così, ma il percolo di mummificare Dio c’è. Non erano sfuggiti alla tentazione gli ebrei alle falde del monte Sinai: in assenza di Mosè, si costruirono un vitello d’oro. E’ fermo, non parla. Meno impegnativo di un Dio vivente, che parla e ti mette in cammino.
E il cammino ci riporta ad Abramo, uomo dei cammini. Vorrei evocare Abramo con una immagine, quella della tenda. Che mi racconta due cose di Abramo, ma anche dei suoi autentici discendenti: il nomadismo e l’accoglienza.
La tenda racconta l’essere nomadi: la tenda la pianti, poi la arrotoli e cammini. Così all’inizio della storia di Abramo, l’invito a spostare le tende: “Esci dalla tua terra, verso la terra che ti mostrerò”. E così per tutta la vita, dietro una promessa di avere una discendenza numerosa, numerosa come i granelli delle sabbie del deserto, come le stelle del cielo. Le sapresti contare?
E Abramo non vede chiaro nel futuro, sta a una promessa, si affida; e questa è la fede. Non è facile, a volte, è faticoso anche per noi, affidarci senza vedere, soprattutto quando Dio ci sembra in ritardo sulla promessa. A stregarci è allora l’illusione di escogitare altre strade, che non sono quelle di Dio. Capitò anche ad Abramo – che pure ci è padre nella fede –. Capitò quando gli anni passavano e da Sara sua moglie nessuna ombra di figlio. Pensò di avere un figlio da Agar, la sua schiava. Ma la sua vita non finisce per questo di affascinarci per quel suo alzare gli occhi, spingere lontano lo sguardo, e spostare la tenda.
Non così noi, che senza garanzie non ci muoviamo. Adoratori della sicurezza, a volte di una sicurezza che non ci permette di partire, di inventare, di rischiare, affidandoci. Cancellando così la bellezza di essere nomadi nello spirito. Che non significa certo essere vagabondi. Vagabondo è chi va un po’ qui, un po’ là, senza esserci mai da nessuna parte. Nomadi si è dietro un orizzonte che ispira, dietro parole affidabili, dietro un Dio affidabile. Ebbene non solo ci capita di cancellare dal viso la bellezza di essere nomadi – la bellezza di uscire da steccati, di scoprire il nuovo nella vita personale, sociale, ecclesiale – ma a volte ci prende anche la spudoratezza di criminalizzare l’essere nomadi, coloro che parton–o senza provate sicurezze, affidandosi a speranze di vita. Criminalizziamo, quando ci toccherebbe ascoltarne le storie, occasione per noi, occasione per riacquistare un’anima da nomade.
La tenda non è solo immagine del nomadismo, ma – vi dicevo – anche dell’accoglienza. Ditemi voi se il tempio in cui i Giudei nominavano a cantilena il nome di Abramo dicendosi sua discendenza, poteva essere paragonato a una tenda dell’accoglienza.
Ognuno di noi si porta negli occhi la tenda di Abramo alle querce di Mamre: un mezzogiorno di sole alto, quel suo stare sulla soglia nell’ora in cui i comuni mortali si concedono un poco di sonno, quasi a spiare il passaggio di pellegrini e quel suo insistere perché i tre sconosciuti entrino nella sua tenda, riconoscendo nell’altro una grazia. Ed erano tre sconosciuti. Negli occhi ci rimane quella sua prorompente ospitalità, che, al momento della partenza dei tre, ebbe – quasi premio – la promessa di una fecondità inimmaginabile per Sara, la donna che si sentiva dolorosamente avvizzita nel grembo, avvizzita per sempre. A volte mi è sembrato di scorgere nel racconto della Genesi quasi il baluginare di un rimedio per una generazione che sta avvizzendo su se stessa: un invito a riprendere il volto dell’accoglienza. Che non è solo un fatto di politiche lungimiranti, ma è prima di tutto una dimensione dello spirito, che diventa lievito nella pasta del quotidiano. Nomadi innamorati.
Abramo alzò lo sguardo. Se sei murato non vedi. Vedi dalla tenda. Vorrei dire di più: vedi se sei tenda; a far vedere sono gli occhi del cuore. Paolo nella lettura della scorsa domenica scriveva. “Dio illumini gli occhi del vostro cuore”. Ha occhi il cuore? Tutti registrano i fatti. Ma molto dipende dagli occhi del cuore. Se sei tenda, tenda sino all’ultimo:
E dimora
all’infinito migrare
una tenda:
ombre segrete,
parole dissepolte,
luce
che trema
sui volti.
E lasciatemi pensare – forse è stravedere – che anche nell’aldilà sarà come arrotolare e spostare ogni giorno la tenda, per cose nuove. Faccio fatica a pensare che, dopo aver conservato per una vita un’anima da nomade, Dio ce la voglia cancellare, nella terra nuova, sotto cieli nuovi.
Le Letture
LETTURA Es 34, 1-10
Lettura del libro dell’Esodo
In quei giorni. Il Signore disse a Mosè: «Taglia due tavole di pietra come le prime. Io scriverò su queste tavole le parole che erano sulle tavole di prima, che hai spezzato. Tieniti pronto per domani mattina: domani mattina salirai sul monte Sinai e rimarrai lassù per me in cima al monte. Nessuno salga con te e non si veda nessuno su tutto il monte; neppure greggi o armenti vengano a pascolare davanti a questo monte». Mosè tagliò due tavole di pietra come le prime; si alzò di buon mattino e salì sul monte Sinai, come il Signore gli aveva comandato, con le due tavole di pietra in mano. Allora il Signore scese nella nube, si fermò là presso di lui e proclamò il nome del Signore. Il Signore passò davanti a lui, proclamando: «Il Signore, il Signore, Dio misericordioso e pietoso, lento all’ira e ricco di amore e di fedeltà, che conserva il suo amore per mille generazioni, che perdona la colpa, la trasgressione e il peccato, ma non lascia senza punizione, che castiga la colpa dei padri nei figli e nei figli dei figli fino alla terza e alla quarta generazione». Mosè si curvò in fretta fino a terra e si prostrò. Disse: «Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, Signore, che il Signore cammini in mezzo a noi. Sì, è un popolo di dura cervice, ma tu perdona la nostra colpa e il nostro peccato: fa’ di noi la tua eredità». Il Signore disse: «Ecco, io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».
Commento al filmato: Violino e Pianoforte dello spettacolare “Scherzo” della Sonata di Brahms, si scatenano in un impetuoso affascinante dialogo per raccontare con toni di drammatico impatto emotivo questo passo del libro dell’Esodo “Dio scende sul Sinai nella nube – Farò meraviglie e il popolo vedrà l’opera di Dio.”:
«Ecco, io stabilisco un’alleanza: in presenza di tutto il tuo popolo io farò meraviglie, quali non furono mai compiute in nessuna terra e in nessuna nazione: tutto il popolo in mezzo al quale ti trovi vedrà l’opera del Signore, perché terribile è quanto io sto per fare con te».
SALMO Sal 105 (106)
Salvaci, Signore, nostro Dio.
Abbiamo peccato con i nostri padri,
delitti e malvagità abbiamo commesso.
I nostri padri, in Egitto,
non compresero le tue meraviglie,
non si ricordarono della grandezza del tuo amore. R
Molte volte li aveva liberati,
eppure si ostinarono nei loro progetti.
Ma egli vide la loro angustia,
quando udì il loro grido. R
Si ricordò della sua alleanza con loro
e si mosse a compassione, per il suo grande amore.
Li affidò alla misericordia
di quelli che li avevano deportati. R
(Il filmato che segue, riproduce integralmente questo straordinario Salmo 106 (105), che narra le alterne vicende del Popolo di Israele dopo che Dio l’aveva fatto uscire con mano potente dalla sudditanza dell’Egitto – il popolo, però, dimentica presto i grandi benefici ricevuti da Dio e si rivolge ad altri idoli ma, dopo la punizione sopravvenuta, ritorna a Dio con il pentimento e ne riceve l’immediato perdono – questo è un salmo della Misericordia di Dio, del Suo Amore per le creature e della Sua Onnipotenza – “a Dio nulla è impossibile” come disse l’Angelo a Maria!)
Commento al filmato:
Celebrate il Signore, perché è buono, perché eterna è la sua misericordia. [2]Chi può narrare i prodigi del Signore, far risuonare tutta la sua lode? [3]Beati coloro che agiscono con giustizia e praticano il diritto in ogni tempo.
Sembrano venire dall’Infinito le note struggenti del Fagotto – con il sommesso accompagnamento dell’Orchestra – del misterioso, dolcissimo “Adagio” del Concerto “La Notte” di Vivaldi, il loro canto racconta con armonie ineffabili la Misericordia del Signore che guida il Suo Popolo verso la Terra Promessa ad Abramo e alla sua discendenza. Ma dal versetto 6, il racconto del Salmo si dipana in un alternarsi di tradimenti e riconciliazioni con l’accompagnamento di armonie musicali di grande intensità, sino alle note solenni, maestose delle trombe di “Roll Jordan Roll (Spiritual)” di I. Wagner:
[47]Salvaci, Signore Dio nostro, e raccoglici di mezzo ai popoli, perché proclamiamo il tuo santo nome e ci gloriamo della tua lode. [48]Benedetto il Signore, Dio d’Israele da sempre, per sempre. Tutto il popolo dica: Amen.
EPISTOLA Gal 3, 6-14
Lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati
Fratelli, come Abramo «ebbe fede in Dio e gli fu accreditato come giustizia», riconoscete dunque che figli di Abramo sono quelli che vengono dalla fede. E la Scrittura, prevedendo che Dio avrebbe giustificato i pagani per la fede, preannunciò ad Abramo: «In te saranno benedette tutte le nazioni». Di conseguenza, quelli che vengono dalla fede sono benedetti insieme ad Abramo, che credette. Quelli invece che si richiamano alle opere della Legge stanno sotto la maledizione, poiché sta scritto: «Maledetto chiunque non rimane fedele a tutte le cose scritte nel libro della Legge per metterle in pratica». E che nessuno sia giustificato davanti a Dio per la Legge risulta dal fatto che «il giusto per fede vivrà». Ma la Legge non si basa sulla fede; al contrario dice: «Chi metterà in pratica queste cose, vivrà grazie ad esse». Cristo ci ha riscattati dalla maledizione della Legge, diventando lui stesso maledizione per noi, poiché sta scritto: «Maledetto chi è appeso al legno», perché in Cristo Gesù la benedizione di Abramo passasse ai pagani e noi, mediante la fede, ricevessimo la promessa dello Spirito.
Commento al filmato: l’appassionato, emozionante canto del Violino solista accompagnato dalle note ritmate dell’Orchestra, nello splendido “Allegro” del Concerto in La min di Vivaldi, racconta l’insegnamento ricco di tenerezza di San Paolo nella sua lettera ai Galati:
Chi ha fede viene benedetto insieme ad Abramo che credette.
VANGELO Gv 8, 31-59
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Il Signore Gesù disse a quei Giudei che gli avevano creduto: «Se rimanete nella mia parola, siete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi». Gli risposero: «Noi siamo discendenti di Abramo e non siamo mai stati schiavi di nessuno. Come puoi dire: “Diventerete liberi”?». Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: chiunque commette il peccato è schiavo del peccato. Ora, lo schiavo non resta per sempre nella casa; il figlio vi resta per sempre. Se dunque il Figlio vi farà liberi, sarete liberi davvero. So che siete discendenti di Abramo. Ma intanto cercate di uccidermi perché la mia parola non trova accoglienza in voi. Io dico quello che ho visto presso il Padre; anche voi dunque fate quello che avete ascoltato dal padre vostro». Gli risposero: «Il padre nostro è Abramo». Disse loro Gesù: «Se foste figli di Abramo, fareste le opere di Abramo. Ora invece voi cercate di uccidere me, un uomo che vi ha detto la verità udita da Dio. Questo, Abramo non l’ha fatto. Voi fate le opere del padre vostro». Gli risposero allora: «Noi non siamo nati da prostituzione; abbiamo un solo padre: Dio!». Disse loro Gesù: «Se Dio fosse vostro padre, mi amereste, perché da Dio sono uscito e vengo; non sono venuto da me stesso, ma lui mi ha mandato. Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola. Voi avete per padre il diavolo e volete compiere i desideri del padre vostro. Egli era omicida fin da principio e non stava saldo nella verità, perché in lui non c’è verità. Quando dice il falso, dice ciò che è suo, perché è menzognero e padre della menzogna. A me, invece, voi non credete, perché dico la verità. Chi di voi può dimostrare che ho peccato? Se dico la verità, perché non mi credete? Chi è da Dio ascolta le parole di Dio. Per questo voi non ascoltate: perché non siete da Dio». Gli risposero i Giudei: «Non abbiamo forse ragione di dire che tu sei un Samaritano e un indemoniato?». Rispose Gesù: «Io non sono indemoniato: io onoro il Padre mio, ma voi non onorate me. Io non cerco la mia gloria; vi è chi la cerca, e giudica. In verità, in verità io vi dico: se uno osserva la mia parola, non vedrà la morte in eterno». Gli dissero allora i Giudei: «Ora sappiamo che sei indemoniato. Abramo è morto, come anche i profeti, e tu dici: “Se uno osserva la mia parola, non sperimenterà la morte in eterno”. Sei tu più grande del nostro padre Abramo, che è morto? Anche i profeti sono morti. Chi credi di essere?». Rispose Gesù: «Se io glorificassi me stesso, la mia gloria sarebbe nulla. Chi mi glorifica è il Padre mio, del quale voi dite: “È nostro Dio!”, e non lo conoscete. Io invece lo conosco. Se dicessi che non lo conosco, sarei come voi: un mentitore. Ma io lo conosco e osservo la sua parola. Abramo, vostro padre, esultò nella speranza di vedere il mio giorno; lo vide e fu pieno di gioia». Allora i Giudei gli dissero: «Non hai ancora cinquant’anni e hai visto Abramo?». Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono». Allora raccolsero delle pietre per gettarle contro di lui; ma Gesù si nascose e uscì dal tempio.
Commento al filmato: è di una bellezza impressionante la Pièce Héroique di César Franck, il canto dell’Organo sembra venire dall’infinito per riportare ai nostri giorni, al nostro mondo depravato, la terribile domanda di Gesù ai Giudei: Per quale motivo non comprendete il mio linguaggio? Perché non potete dare ascolto alla mia parola? – Le note possenti dell’Organo si chiudono in un grandioso finale, con la luce sfolgorante del “Volto Santo” sull’annuncio di Gesù:
«In verità, in verità io vi dico: prima che Abramo fosse, Io Sono».