16-Febbraio 2025 6a Domenica dopo l’Epifania omelia di don Angelo
Mi rialzo, ci guardiamo negli occhi, siamo sguardo
Sesta domenica dopo l’Epifania
16 febbraio 2025
omelia di don Angelo
Ancora, “lungo il cammino”. Il suo era un andare: per tutto il vangelo fu un andare. E che cosa ha incrociato Gesù in quell’andare? L’umanità, la terra, la vita: se non vai, non la incroci.
Incontra anche lebbrosi. Ne aveva già incontrati. Uno, incontrato e toccato all’inizio di quell’andare. Ma ora ne incrocia una corporazione: sono dieci. E chissà, se si erano messi insieme per darsi sostegno, per sfuggire a un sentimento di esclusione. Quella era malattia che ti marchiava non solo sulla pelle, ma anche dentro: eri un impuro, da tenere a distanza.
E loro, stando a distanza “dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!»”. Ad alta voce, perché, se sei a distanza, devi alzare la voce per farti sentire. Pensate a noi che, a volte, a chi grida il dolore, l’esclusione, la scandalosa distanza da una vita che sia umana, osiamo dire: “Giù il tono. Abbassa la voce!”. A volte la voce nemmeno la sentiamo, tanto è il rumore!
Nell’aria rimase il grido; li vide: “Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti»”. Mi colpisce in questa occasione l’immediatezza di Gesù, non perde tempo a parlare, quasi volesse accelerare i tempi e da subito volesse per loro un vivere sereno, senza problemi, con tutti. Perché era anche questo che gli pesava sul cuore. Che fossero esclusi. E il rientro legale era per certificazione di sacerdoti. Fosse immediato. A volte stupisce come ai nostri giorni, a fronte di una accelerazione quasi ossessiva, ci sia, su questioni di importanza vitale, un perdere tempo in parole, un affastellare procedure, quasi arte fosse complicare la vita. Quando arte sarebbe la rapidità, la rapidità di una risposta al grido, che lacera l’aria e il cuore.
Devo però precisare che la rapidità nel rispondere non fa rima – nessuna rima – con la rapidità a cancellare. E’ quello che invece accade ai nove, intascano la guarigione e nessun ritorno di passi – forse peggio – nessun ritorno di pensiero al Rabbi di Nazaret: l’avevano chiamato Maestro, ma lo avevano ridotto a uno strumento di miracoli, un guaritore. Guariti, tutto finito! Il vuoto, nessun germoglio di relazione.
Il vuoto dei nove: si perdono nella nebbia nel nostro racconto. Un vuoto ancora più stridente se ora l’obiettivo si scosta e va a inseguire il samaritano. Dal nulla a un racimolo meraviglioso di verbi, sentiteli: “Vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo”. Ha un pensiero, torna indietro, non è come se tutto fosse scontato, loda Dio, quel Rabbi non è solo un maestro, è un segno di Dio per le strade, un Dio vicino. Si prostra, ringrazia. E’ l’accadere di una relazione tra i due: accade la fede. “E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!»”. Gli altri nove guariti. Lui guarito e “salvato”. Tu non sei solo pelle, sei anche dentro; e dentro qualcosa può aggredirti come lebbra e quindi hai urgenza di salvezza.
A volte mi interrogo, ripercorro i verbi. Mi chiedo se sono anche i miei, perché il lebbroso sono io e vorrei essere come il samaritano. Non solo pelle, ma anche cuore. E accorgermi che, lungo la via. una parola mi ha restituito la mia immagine scossa, corrosa come da lebbra; e mi accade anche oggi. E io ritorno? Lui ancora mi dice “Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!”. E’ bellissimo mi vuole in piedi davanti a lui, non schiavo, ma amico. Mi rialzo, ci guardiamo negli occhi, siamo sguardo. In spagnolo – me lo ricordava un’amica dal Messico in questi giorni – “guardato” vuol dire “conservato”: “Ti conservo, ti custodisco nel mio cuore”.
“Àlzati e va”, mi vuole in piedi; e mi vuole viandante, che è la mia passione più profonda: “Va’. Niente ti trattenga”. La lebbra trattiene, circoscrive. A volte mi incanto alle parole a conclusione del salmo 41: “Lui, salvezza del mio volto e mio Dio”. “Salvezza del mio volto”, bellissimo! Il samaritano si era alzato. Erano volto a volto. Salvato, quello del Samaritano.
Passa Dio dove si salvano i volti: questo è il regno di Dio. Pensate, in Luca al nostro racconto segue senza cesure la domanda pretesto dei farisei. “I farisei gli domandarono: «Quando verrà il regno di Dio? ». Egli rispose loro: «Il regno di Dio non viene in modo da attirare l’attenzione, e nessuno dirà: “Eccolo qui”, oppure: “Eccolo là”. Perché, ecco, il regno di Dio è in mezzo a voi»”. E’ in mezzo a noi, e non lo sappiamo riconoscere: “in mezzo”! C’è tutto un correre ora qui, ora là. E’ in mezzo a noi, per la salvezza di ogni volto, nessuno escluso. Di una limpidezza infinita le parole del profeta oggi, rivolte a stranieri ed eunuchi. A cui Dio dà – pensate – un nome ancora più prezioso che figli e figlie, un nome eterno che non sarà mai cancellato. E – tenerezza incancellabile, commovente – nessuno dica: “Ecco, io sono un albero secco”.
Penso alla tristezza negli occhi di chi si dice “albero secco”. Come potrei dare a qualcuno nome di albero secco, trattarlo come albero secco da gettare o farlo sentire tale e poi, spudorato, osare il nome di Dio, arrogarmi il nome di ”cristiano”, che spetta ai discepoli di Gesù, il Rabbi di Nazaret che guariva i lebbrosi, salvezza del volto di tutti? Se non ho il suo sguardo sul mondo, viene a me il monito: “Non nominare il nome di Dio invano”.
Fa ritorno lo sguardo di Dio. Me lo hanno evocato anche i versi commoventi di un poeta argentino, Héctor Murena, , che mi sono stati regalati da una cara amica a Natale:
“Chi può guardare due volte
le scarpe di una creatura
qualunque
senza mettersi a piangere?
Dio, col suo sguardo
Infinitamente abbattuto
che non si stacca mai
dalle scarpe degli uomini”.
Non si stacca mai dalle scarpe degli uomini.
Letture
LETTURA Is 56, 1-8
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, perché la mia salvezza sta per venire, la mia giustizia sta per rivelarsi». Beato l’uomo che così agisce e il figlio dell’uomo che a questo si attiene, che osserva il sabato senza profanarlo, che preserva la sua mano da ogni male. Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: «Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!». Non dica l’eunuco: «Ecco, io sono un albero secco!». Poiché così dice il Signore: «Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli». Oracolo del Signore Dio, che raduna i dispersi d’Israele: «Io ne radunerò ancora altri, oltre quelli già radunati».
Commento al filmato:in questa Lettura, il Profeta trasmette un severo ammonimento del Signore, lo stupendo dialogo del Violino solista con l’Orchestra in questo “Allegro non molto”del Concerto in Sol min di Vivaldi, si dipana in armonie solenni ma gioiose per cantare:
In quei giorni. Così dice il Signore: «Osservate il diritto e praticate la giustizia, / perché la mia salvezza sta per venire, / la mia giustizia sta per rivelarsi». /
di stupefacente bellezza sono le immagini di “Salvator Mundi”di Previtali “Cristo benedicente”di Gallego e di “Cristo Re” di Antonello da Messina
SALMO Sal 66 (67)
Popoli tutti, lodate il Signore!
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti. R
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra. R
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio, il nostro Dio,
e lo temano tutti i confini della terra. R
Commento al filmato:sono note gioiose quelle dell’Orchestra dell’affascinante“Overture: Allegro”da “Il Pastor Fido” di Händel, al loro canto anche noi cantiamo esultanti con il salmista:
Popoli tutti, lodate il Signore!
EPISTOLA Rm 7, 14-25a
Lettera di san Paolo apostolo ai Romani
Fratelli, sappiamo che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Io so infatti che in me, cioè nella mia carne, non abita il bene: in me c’è il desiderio del bene, ma non la capacità di attuarlo; infatti io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio. Ora, se faccio quello che non voglio, non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me. Dunque io trovo in me questa legge: quando voglio fare il bene, il male è accanto a me. Infatti nel mio intimo acconsento alla legge di Dio, ma nelle mie membra vedo un’altra legge, che combatte contro la legge della mia ragione e mi rende schiavo della legge del peccato, che è nelle mie membra. Me infelice! Chi mi libererà da questo corpo di morte? Siano rese grazie a Dio per mezzo di Gesù Cristo nostro Signore!
ommento al filmato:è un insegnamento, una confessione quasi angosciata quella di san Paolo in questa lettera ai romani, le note accorate dell’Orchestra nello splendido “Allegro non Molto”del Concerto in La min di Vivaldi, ne danno una rappresentazione carica di una luce straordinaria:
Fratelli, sappiamo che la Legge è spirituale, mentre io sono carnale, venduto come schiavo del peccato. Non riesco a capire ciò che faccio: infatti io faccio non quello che voglio, ma quello che detesto. Ora, se faccio quello che non voglio, riconosco che la Legge è buona; quindi non sono più io a farlo, ma il peccato che abita in me.
VANGELO Lc 17, 11-19
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Lungo il cammino verso Gerusalemme, il Signore Gesù attraversava la Samaria e la Galilea. Entrando in un villaggio, gli vennero incontro dieci lebbrosi, che si fermarono a distanza e dissero ad alta voce: «Gesù, maestro, abbi pietà di noi!». Appena li vide, Gesù disse loro: «Andate a presentarvi ai sacerdoti». E mentre essi andavano, furono purificati. Uno di loro, vedendosi guarito, tornò indietro lodando Dio a gran voce, e si prostrò davanti a Gesù, ai suoi piedi, per ringraziarlo. Era un Samaritano. Ma Gesù osservò: «Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?». E gli disse: «Àlzati e va’; la tua fede ti ha salvato!».
Commento al filmato:è gioioso il canto dell’Oboe solista e dell’Orchestra nello splendido, spumeggiante “Allegro Molto”del Concerto in Fa Magg di Vivaldi, la gioia di Gesù per il lebbroso straniero guarito che torna lodare e ringraziare, maschera la delusione e la tristezza per gli altri nove che se ne vanno:
«Non ne sono stati purificati dieci? E gli altri nove dove sono? Non si è trovato nessuno che tornasse indietro a rendere gloria a Dio, all’infuori di questo straniero?»