16 Ottobre 2022 Dedicazione del Duomo Omelia di don Angelo
Il Duomo e storie di città, di case e di alberi
16 ottobre 2022 Dedicazione del Duomo
Omelia di don Angelo
Quando il pensiero va al Duomo – come accade oggi, nel ricordo della sua lontana dedicazione – ci si affollano immagini bellissime. Difficile contenerle. E poi a immagini si aggiungono immagini, se scorri le pagine bibliche con le loro intriganti suggestioni, con allusioni a città, a case e alberi.
Leggo le parole del profeta. E respiro. Sul momento respiro. Mi fa entrare in una città di cui è scritto: “Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti”. Nel nostro Duomo è come respirassimo, respirassimo ampiezza, non c’è aria di chiuso e di ristrettezza. Sarà anche per le sue volte, alte da brivido, o sarà anche perché vieni dall’incanto delle guglie bianche che fanno convocazione allegra nel cielo.
Così la chiesa che sogni, luogo dove si respiri, luogo del respiro infinito di Dio. E di Gesù che, ultima cosa di cui volle farci dono, fu il respiro: sul legno nudo della croce, legno albero, consegnò lo spirito, consegnò il respiro. E fosse risveglio e respiro per tutti! Per tutta la terra che, contrariamente a quanto dicono i profeti di sventura, ha possibilità di respiro: “Del tuo spirito, Signore, è piena la terra”.
Il Duomo sembra invitarmi a respirare, a pensare in grande. Come potrei starci con le mie anguste visioni, restringendo il cielo, cedendo a piccinerie, a meschinità, a logiche di parte tristi, deprimenti? Mi sembrerebbe una sconsacrazione di volte, di guglie e di cielo.
Mi sembra dunque di capire che vocazione di una chiesa sia invece quella di educare, come il suo Maestro, a respirare profondamente, a pensare in grande, ad accendere orizzonti di umanità e di cielo per tutti. Che bello se qualcuno, parlando delle nostre comunità, potesse dire: “Là c’è un libero pensare, un comune e aperto interrogarsi, comunità di donne e uomini che respirano e fanno respirare”. Esattamente il contrario della meticolosità, dell’angustia, del soffocamento, di cui a volte abbiamo dato segni nel tempo.
Leggevo le parole del profeta sulla città aperta, respiravo, ma, tra riga e riga, era come se avvistassi un pericolo per via di un’immagine che, sgusciando tra tante altre, mi metteva timore e vorrei parlarvene. Perché è immagine che forse tutti vorremmo mandare in esilio, esiliare dalla nostra vita, dalla vita della chiesa, dalla vita dell’intera società: la pretesa che qualcuno ti si getti in qualche modo ai piedi. Ho trovato scritto: “Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano … Tu succhierai il latte delle genti, succhierai le ricchezze dei re”.
Pensare che altri siano proni ai nostri piedi! A parole ci guarderemmo dal dirlo, ma poi nei fatti? Basterebbe fare discernimento nelle nostre relazioni, quelle personali, quelle ecclesiali, quelle sociali. Forse che non scopriremmo prostrazioni? E purtroppo perpetrate da noi. Da noi, pensate, che siamo discepoli di un Maestro che, lui, si è messo, a insegnamento, per primo, ai nostri piedi. Per lavarceli. Dovremmo essere donne e uomini della sorpresa. Se negli occhi ci rimane la sorpresa di un Dio che si piega, non ci vuole piegati, ci solleva. E dice parole di stupore: ”Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi” (Gv 15, 15). La logica del piegare è distruttiva, la abbiamo sotto gli occhi. Salvifica è la logica del sollevare: “Tu mi hai sollevato”.
Ebbene vorrei aggiungere che Gesù ci da segni per un discernimento, discernimento su radici di alberi e su pietre di fondazione. Radici e pietre di fondazione sono invisibili. Attenzione dunque a sbandierarle, a battezzare le cose con nomi religiosi, con il nome di Dio, di Gesù. Se vedi sfascio di case, se i frutti sono aspri e amari, guardati dal parlare di “principi cristiani” o di “radici cristiane”. Gesù è lapidario,che più non si può: “Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto”.
Lui, Gesù, era per lo più per strade, guardava case, immagino gli facesse amarezza al cuore vedere case diroccate, spianate; e pensava a noi che siamo un po’ come case. Ognuno con una vita da costruire, pazientemente, pietra su pietra. Lui ci vuole case affidabili. Che la tua vita, ancorché piccola, sia affidabile. Lo siamo se, non solo ascoltiamo, ma mettiamo in pratica.
Vedeva case, Gesù, e vedeva alberi. Un giorno gli accadde di cercare frutti su un albero di fico. Delusione: trovò solo foglie. Accade quando abbondiamo in brillantezza e apparenza, ma sono solo foglie.
E fossimo, per grazia, fogliame accogliente. Voi ricordate come un giorno Gesù, che si incantava agli alberi, inventò una piccola parabola, disse: “Il regno dei cieli è simile a un granello di senape, che un uomo prese e seminò nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande delle altre piante dell’orto e diventa un albero, tanto che gli uccelli del cielo vengono a fare il nido fra i suoi rami “.
Vedete, per passaggio di immagini, sono finito alla chiesa come albero. E tu vai a far nido. Fare nido tra i rami. Il verbo greco, pensate, custodisce la parola “tenda”. Una chiesa che si fa nido, si fa tenda: non la fissità, l’immobilità, l’impenetrabilità. La tenda la pianti la sera, la arrotoli il mattino, la ripianti la sera. Il nido tra i rami: prendi cibo e voli via, niente appropriazioni, non c’è aria di sequestro. Nel nido il seme della parola che ti nutre, che porterai ad altri uccelli, che a loro volta nutriranno altri voli. E se ti sfuggirà un seme, per piccolo che sia – seme di senapa – sappi che germoglierà in altri terreni, altri alberi. E poi nuovi nidi, altri uccelli.
A non finire.
Le Letture
LETTURA Is 60, 11-21
Lettura del profeta Isaia
Così dice il Signore Dio: «Le tue porte saranno sempre aperte, non si chiuderanno né di giorno né di notte, per lasciare entrare in te la ricchezza delle genti e i loro re che faranno da guida. Perché la nazione e il regno che non vorranno servirti periranno, e le nazioni saranno tutte sterminate. La gloria del Libano verrà a te, con cipressi, olmi e abeti, per abbellire il luogo del mio santuario, per glorificare il luogo dove poggio i miei piedi. Verranno a te in atteggiamento umile i figli dei tuoi oppressori; ti si getteranno proni alle piante dei piedi quanti ti disprezzavano. Ti chiameranno “Città del Signore”, “Sion del Santo d’Israele”. Dopo essere stata derelitta, odiata, senza che alcuno passasse da te, io farò di te l’orgoglio dei secoli, la gioia di tutte le generazioni. Tu succhierai il latte delle genti, succhierai le ricchezze dei re. Saprai che io sono il Signore, il tuo salvatore e il tuo redentore, il Potente di Giacobbe. Farò venire oro anziché bronzo, farò venire argento anziché ferro, bronzo anziché legno, ferro anziché pietre. Costituirò tuo sovrano la pace, tuo governatore la giustizia. Non si sentirà più parlare di prepotenza nella tua terra, di devastazione e di distruzione entro i tuoi confini. Tu chiamerai salvezza le tue mura e gloria le tue porte. Il sole non sarà più la tua luce di giorno, né ti illuminerà più lo splendore della luna. Ma il Signore sarà per te luce eterna, il tuo Dio sarà il tuo splendore. Il tuo sole non tramonterà più né la tua luna si dileguerà, perché il Signore sarà per te luce eterna; saranno finiti i giorni del tuo lutto. Il tuo popolo sarà tutto di giusti, per sempre avranno in eredità la terra, germogli delle piantagioni del Signore, lavoro delle sue mani per mostrare la sua gloria».
Commento al filmato: gioia ed esultanza incontenibili, ci colgono nella Lettura della profezia di Isaia, raccontata nel filmato da uno spettacolare “Allegro”del Concerto in Mi min di Vivaldi, il Violino solista e l’Orchestra si impegnano in un fremente dialogo per cantare, in un tripudio di gioiose armonie:
Saprai che io sono il Signore, il tuo Salvatore e il tuo Redentore, il Potente di Giacobbe.
Fanno da cornice al canto del Violino e dell’Orchestra, splendide immagini: “l’Adorazione dei Magi”di Beato Angelico e di Gentile da Fabriano, e “Cristo in Maestà” di Beato Angelico.
SALMO Sal 117 (118)
Rendete grazie al Signore,
il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre». R
Apritemi le porte della giustizia:
vi entrerò per ringraziare il Signore.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi. R
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Benedetto colui che viene nel nome del Signore.
Vi benediciamo dalla casa del Signore.
Il Signore è Dio, egli ci illumina. R
Commento al filmato:lo stupendo “Allegro Assai” del Concerto in La min di Bach, le spettacolari immagini del “Giudizio Finale” di Beato Angelico, “Cristo in Gloria” di Melozzo da Forlì con la splendida fotografia del “Muro del Pianto” di Gerusalemme all’alba, cantano con toni esultanti il Responsoriale tratto dal Salmo 117/118:
«Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.»
EPISTOLA Eb 13, 15-17.20-21
Lettera agli Ebrei
Fratelli, per mezzo di Gesù offriamo a Dio continuamente un sacrificio di lode, cioè il frutto di labbra che confessano il suo nome. Non dimenticatevi della beneficenza e della comunione dei beni, perché di tali sacrifici il Signore si compiace. Obbedite ai vostri capi e state loro sottomessi, perché essi vegliano su di voi e devono renderne conto, affinché lo facciano con gioia e non lamentandosi. Ciò non sarebbe di vantaggio per voi. Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
Commento al filmato: gioia ed esultanza incontenibili ci fanno provare le note frementi dei quattro Violini solisti che, nello spettacolare “Allegro”del Concerto di Vivaldi, cantano festosi:
Il Dio della pace, che ha ricondotto dai morti il Pastore grande delle pecore, in virtù del sangue di un’alleanza eterna, il Signore nostro Gesù, vi renda perfetti in ogni bene, perché possiate compiere la sua volontà, operando in voi ciò che a lui è gradito
per mezzo di Gesù Cristo, al quale sia gloria nei secoli dei secoli. Amen.
VANGELO Lc 6, 43-48
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù disse ai suoi discepoli: «Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda. Perché mi invocate: “Signore, Signore!” e non fate quello che dico? Chiunque viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sulla roccia. Venuta la piena, il fiume investì quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene»
Commento al filmato: nella spettacolare, solenne “Fuga”in La min da “Clavicembalo ben Temperato” di Bach, il Clavicembalo canta con affascinanti, drammatiche armonie l’insegnamento di Gesù:
«Non vi è albero buono che produca un frutto cattivo, né vi è d’altronde albero cattivo che produca un frutto buono. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dagli spini, né si vendemmia uva da un rovo. L’uomo buono dal buon tesoro del suo cuore trae fuori il bene; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male: la sua bocca infatti esprime ciò che dal cuore sovrabbonda.»