2 Marzo 2025 ultima Domenica dopo l’Epifania. Omelia di don Angelo
Storia di un albero e di una casa
Ultima domenica dopo l’Epifania
2 marzo 2025
omelia di don Angelo
Che cosa avevano detto di Gesù, a Zaccheo non lo sappiamo. Certo gli avevano detto che andava per strade e attraversava città, ma che fosse uno che guardava i rami alti degli alberi forse no.
Siamo nel racconto del suo ultimo viaggio verso Gerusalemme – ora siamo in vista di Gerico – e ti incanti a scoprire come nulla sfugga alla sua attenzione. Che è tenera e limpida ad un tempo. Mentre cammina insegna, ma nulla che abbia il sapore di enunciazione di dogmi, lui ha un debole per le parabole: parla con le cose della vita. Cammina – ultimo tratto – ascolta il grido di dieci lebbrosi; gli portano bambini, accoglie e rimprovera i discepoli insofferenti per la loro irrequietezza; incrocia un notabile ricco, gli fa una proposta di vita, lo vede allontanarsi triste; prima di entrare in Gerico si ferma al grido di un cieco e fa che riabbia la vista.
E’ come se fosse sempre sul pezzo. Non è cattedra è parabola. A fronte della cattedra che è ferma, immobile come certa dottrina, lui è parabola, la parabola si snoda, come la strada.
E’ entrato in Gerico, attraversa la città, ora è sotto un albero, albero di sicomoro, lui ha un debole anche per gli alberi. E’ uno che ha i piedi per terra, immerso come nessun altro nella realtà, ma i suoi occhi spaziano, guarda anche in alto, accadono cose anche in alto, cose a volte impensate: nella vita c’è anche un alto, ora è sotto un albero.
Avete ragione l’ho fatta lunga, ma volevo fare un canto all’attenzione, l’attenzione di Gesù – che splendore! – e un invito alla nostra, a noi che siamo in pericolo di andare occhi bassi, fissi all’asfalto. Potremmo forse leggere il racconto di Zaccheo come una stupefacente altalena tra basso e alto.
Basso Matteo, di statura; aveva anche a che fare con cose basse, monete, che erano tributo di bassi; facevano la sua ricchezza, ma non gli toglievano quel rammarico di essere piccolo di statura, che compensava con il fatto che lo avevano eletto capo della corporazione dei pubblicani. E chi, conoscendolo avrebbe mai immaginato che uno come lui cercasse “di vedere chi era Gesù”? E alcuni di noi subito a dire che il suo era un desiderio superficiale; e chi lo sa? Noi siamo subito pronti a fare dissertazioni e discriminazioni sul desiderio. Che invece fa uscire Zaccheo. Lo fa uscire dai nostri giudizi che lo riducono a basso, peccatore. E se fosse un’arte quella di scoprire pagliuzze d’oro nei desideri? Quelli che i superesperti chiamano spuri e sono a volte attesa di qualcosa cui forse ancora non sai dare nome. E arte sarebbe andare fuori dai luoghi comuni, perché anche noi, a forza di starci, ci ritroviamo nelle ovvietà.
L’albero del sicomoro non è un luogo comune. E Zaccheo ci si è arrampicato. Si sente chiamare per nome ed è come se sentisse Gesù ad altezza d’occhi. Lui, ospite negli occhi di Gesù prima ancora che il rabbi di Nazaret sia ospite in casa sua: “Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua»”.
Parole che erano ben più che una fessura. Per lui, che era stato preso da desiderio di conoscere chi fosse Gesù, si aprivano già spiragli: uno che conosce il tuo nome e ti chiama per nome; uno che ha fretta, ma per annodare relazioni –“Zaccheo, scendi subito”–; uno che non si fa problema ad entrare nella casa di un peccatore. E non toccata e fuga, come succede a noi; no, gli ha detto “Devo fermarmi”, “fermarsi”, un tempo prolungato, senza la concitazione di andarsene. E poi la meraviglia di quel “devo” – “Devo fermarmi”: a lui, Zaccheo, era suonato come un “devo” del cuore, una cosa che è così forte che non puoi non farla.
Tutto in un grumo di parole, tutto nella misericordia che respira negli spazi bianchi tra parola e parola. C’e una fretta e una gioia anche in Zaccheo: “Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia”.
Splende la misericordia. Anche su di noi che siamo bassi, bussa la misericordia alla mia casa di peccatore. Ho trovato scritto nell’Apocalisse: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui ed egli con me”.
Purtroppo nel racconto non accade solo la misericordia. Ora la telecamera di Luca va a inquadrare la casa di Zaccheo: ciò che accade fuori la casa e dentro la casa. Fuori la casa: “Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!»”. Capite, quelli che avevano faccia di seguaci! E’ inquietante quel “tutti”. Non sarà che Luca abbia un po’ esagerato? Rimane inquietante il “tutti” – ci possiamo essere anche noi! –. Pensate, un pubblicano, gli basta un grumo di parole per scoprire chi è Gesù; quelli che hanno alle spalle lunga frequentazione non gli sono bastati mesi e mesi, ancora non sanno chi è, non sanno che è il Rabbi della misericordia. Occhi spietati, loro che dicono di sapere; senza pietà, loro al seguito di un rabbi che è la compassione universale, venuto – e lo dirà in casa di Zaccheo – “a cercare e a salvare ciò che era perduto”.
L’essere spietati ha come effetto la demolizione: demolizione dell’altro, delle case, delle nazioni, della terra. La compassione al contrario rialza. E’ scritto: “Zaccheo rialzatosi disse…”. Ora Zaccheo, guarda dall’alto, dall’alto dell’albero che è Gesù, guarda il mondo con gli occhi di Gesù. Guarda anche ciò che lui è stato prima di salire sull’albero. Non aveva occhi per gli altri, negli occhi aveva potere e denaro, ha demolito. Ora vuole fare giustizia là dove ha fatto il vuoto. Giustizia, giusto. Gli toccava divenire il suo nome, perché Zaccheo significa giusto. Mi sono fermato: non è che anche a noi tocchi divenire il nostro nome, il nome di cristiani? Ora sappiamo che nel nome c’è un brivido, quello della misericordia. Che diventa salvezza non solo per noi – siamo rialzati – ma per la casa, la casa dell’umanità. “Oggi” concluderà Gesù “per questa casa è venuta la salvezza”.
Letture
LETTURA Sir 18, 11-14
Lettura del libro del Siracide
Il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia. Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono. La misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente. Egli rimprovera, corregge, ammaestra e guida come un pastore il suo gregge. Ha pietà di chi si lascia istruire e di quanti sono zelanti per le sue decisioni.
Commento al filmato:“Kinderszenen – Presque trop sérieux”, è di una bellezza commovente questo brano di Robert Schumann, le note sognanti del Pianoforte cantano la Pazienza e il perdono del Signore, illuminate da uno spettacolare “Dio Amore e Misericordia” di Beato Angelico:
Il Signore è paziente verso di loro ed effonde su di loro la sua misericordia. Vede e sa che la loro sorte è penosa, perciò abbonda nel perdono.
SALMO Sal 102 (103)
Grande è la misericordia del Signore.
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
Non è in lite per sempre,
non rimane adirato in eterno. R
Non ci tratta secondo i nostri peccati
e non ci ripaga secondo le nostre colpe.
Perché quanto il cielo è alto sulla terra,
così la sua misericordia è potente
su quelli che lo temono. R
Quanto dista l’oriente dall’occidente,
così egli allontana da noi le nostre colpe.
Come è tenero un padre verso i figli,
così il Signore è tenero verso quelli che lo temono. R
Commento al filmato:è di una bellezza incontenibile il dialogo scatenato degli Archi nello splendido, frenetico “Poco Allegro”del Sestetto in Sol M di Johannes Brahms, le sue armonie affascinanti, a tratti dolcissime, su un ritmo di danza e, nel finale, addirittura trsvolgenti, ci fanno cantare con il salmista questo straordinario salmo – riprodotto interamente nel filmato:
Misericordioso e pietoso è il Signore,
lento all’ira e grande nell’amore.
EPISTOLA 2Cor 2, 5-11
Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi
Fratelli, se qualcuno mi ha rattristato, non ha rattristato me soltanto, ma, in parte almeno, senza esagerare, tutti voi. Per quel tale però è già sufficiente il castigo che gli è venuto dalla maggior parte di voi, cosicché voi dovreste piuttosto usargli benevolenza e confortarlo, perché egli non soccomba sotto un dolore troppo forte. Vi esorto quindi a far prevalere nei suoi riguardi la carità; e anche per questo vi ho scritto, per mettere alla prova il vostro comportamento, se siete obbedienti in tutto. A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni.
Commento al filmato:in questo appassionato, “Intermezzo” da “Kreisleriana” di Robert Schumann, il Pianoforte canta con armonie veementi l’esortazione accorata di san Paolo al perdono e alla carità:
A chi voi perdonate, perdono anch’io; perché ciò che io ho perdonato, se pure ebbi qualcosa da perdonare, l’ho fatto per voi, davanti a Cristo, per non cadere sotto il potere di Satana, di cui non ignoriamo le intenzioni.
VANGELO Lc 19, 1-10
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
Commento al filmato:gioia, esultanza, commozione, è un caleidoscopio di emozioni che proviamo nella meditazione dell’incontro di Gesù con Zaccheo, sono le emozioni che ci da il canto spiegato dell’Oboe nello stupendo “Allegro”del Concerto in Sol min di Tomaso Albinoni:
«Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».
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