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28 Luglio 2024 10a Domenica dopo Pentecoste Omelia di don Angelo

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28 Luglio 2024 10a Domenica dopo Pentecoste Omelia di don Angelo

Ecco, questo rimane. E basta.

Decima domenica dopo Pentecoste

28 luglio 2024

omelia di don Angelo

Che avrebbe cacciato con tale impeto quelli che vendevano e compravano nel tempio e rovesciato tavoli e sedie, forse  non l’avremmo immaginato. Al contrario quali sarebbero stare le conseguenze di quel gesto lui di certo poteva sospettarlo: era la goccia che faceva traboccare il vaso. Ma si trattava del tempio; e un abbruttimento simile per lui era intollerabile, non poteva non insorgere. Disse, e suonava  aspra la voce: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un covo di ladri».

Le letture oggi  sembrano mettere a tema il tempio. Dall’arca portata da un popolo in festa  sotto una grande tenda – era la lettura della scorsa domenica  – ecco siamo arrivati all’arca tra le mura imponenti del tempio costruito da Salomone. Ma forse che Dio lo puoi chiudere in un tempio? Quando la presenza di Dio la confini in un  tempio  – e per di più assolutizzi il tuo – è sequestro del divino. Manca l’aria.

Ogni volta che leggo questo testo – e lo ripeto sino alla noia – rimango colpito da un particolare. Tutto perfetto nel tempio, fastoso, e l’arca posta nella cella più interna,  dove una sola volta l’anno entrava il sommo  sacerdote. Tutto perfetto, diremmo, con una stranezza: dal sacrario sporgevano le stanghe. Particolare sottolineato. Con una annotazione puntuale da parte dell’estensore, che scrive: “Vi sono ancora oggi”. Le stanghe dell’arca, richiamo a quando era sollevata e portata, quasi a riaccendere la memoria di un Dio che è nella vita.

E siccome ce lo dimentichiamo, una chiesa può essere un segnale sulle strade a noi smemorati. Passiamo – che so io – per via Manzoni e ci capita di incespicare in una chiesa, non ce l’aspetteremmo tra negozio e negozio, nel quadrilatero della moda. E che ci sta a fare? Mi sto perdendo in pensieri: sporgono le stanghe? Ebbene lo abbiamo dimenticato, e dimenticandolo, lo abbiamo immobilizzato Chi ci ricorda che tabernaculum in latino significa tenda? E custodisce del pane che è per la via, lo chiamiamo “viatico”, pane per la via. E’ un pane da prendere in piedi per uscire e camminare nella sua luce, un popolo in cammino.

E ora vorrei dare un piccolo spazio al vangelo e mi aggrego a coloro che accompagnano Gesù nel suo ingresso nel tempio. Anche oggi, come la scorsa domenica, c’è un virare netto dell’obiettivo. Che prima riprende un tempio dissacrato. Dissacrato dal mercato dei venditori e dalla arroganza dei capi religiosi. E Gesù rovescia. A volte ci dimentichiamo che la Parola di Dio è anche rovesciamento, rovesciamento  di criteri nefasti. Che fanno la disavventura del mondo e possono entrare  di soppiatto nella sfera del tempio.

E’ stata una amica in questi giorni a sottolinearmi la straordinaria attualità di un passo del libro della Sapienza, letto nella memoria di san Giacomo. Eccolo: “Quale profitto ci ha dato la superbia? Quale vantaggio ci ha portato la ricchezza con la spavalderia? Tutto questo è passato come ombra e come notizia fugace. I giusti al contrario vivono per sempre, la loro ricompensa è presso il Signore e di essi ha cura l’Altissimo”. Fugace, per sempre.

Faccio ritorno al tempio perché ora l’obiettivo inquadra coloro cui il tempio era stato precluso. Hanno trovato uno che ha spalancato loro le porte: “Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì”. E, meraviglia delle meraviglie, sbucano i fanciulli a rovesciare l’indignazione dei capi dei sacerdoti e degli scribi, acclamando nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!». Il tempio, per uno spazio purtroppo breve, si incantò, prese vita. alle acclamazioni dei fanciulli per il profeta Gesù da Nazaret. Poi tutto ripiombò nel buio. La lettura ha omesso l’ultimo versetto del racconto: “Li lasciò, uscì fuori dalla città, verso Betània, e là trascorse la notte”. Una tristezza infinita. Poi finalmente una casa. A differenza del tempio. Che non è più una casa.

Ebbene Gesù cita parole del profeta che alludono alla casa. Alludono certo alla preghiera, casa di “preghiera”, giustamente sottolineata. Meno sottolineata, così mi sembra, la parola “casa”: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”.

So di forzare: non una preghiera che allontani l’aria di casa. Sentirci di casa, nonostante tutte le nostre diversità, respirare aria di casa nella chiesa. Ecco l’immagine: spingi la porta, entri, ti senti guardato con amorevolezza. Al di là di tutto: sei figlia, sei figlio, sei sorella, sei fratello. Al di là di tutto. Basta questo ad accendere volti, sentimenti e gesti. Vorrei aggiungere che se c’è privilegio dovrebbe essere per gli ultimi: Gesù introduce i dimenticati, ciechi, storpi, bambini.

Suona lontano, dimenticato, un passo della Didachè, testo del terzo secolo, che, pensate, prescriveva che ad accogliere nell’assemblea i poveri, uomini o donne che fossero, doveva essere il vescovo stesso e non i diaconi e che doveva essere ancora il vescovo a procurare loro un posto e che, se questo non si fosse trovato, doveva cedere il suo e sedere a terra ai loro piedi. Parole straordinarie.

Ed ora vi lascio con altre parole di grande fascino, quelle di Don Benedetto Calati, testo inedito, citato da Mons. Gianantonio Borgonovo. Eccole: “Passiamo dunque dalla grazia dei muri alla grazia dei volti! Ecco la benevolenza. Fermarsi. Che cosa rimane di noi? Della nostra vita? Tu rimani se hai saputo fermarti nello sguardo degli altri. Ecco, questo rimane. E basta”.

 Le Letture

 LETTURA 1Re 7, 51 – 8, 14

Lettura del primo libro dei Re

In quei giorni. Fu terminato tutto il lavoro che il re Salomone aveva fatto per il tempio del Signore. Salomone fece portare le offerte consacrate da Davide, suo padre, cioè l’argento, l’oro e gli utensili; le depositò nei tesori del tempio del Signore. Salomone allora convocò presso di sé in assemblea a Gerusalemme gli anziani d’Israele, tutti i capitribù, i prìncipi dei casati degli Israeliti, per fare salire l’arca dell’alleanza del Signore dalla Città di Davide, cioè da Sion. Si radunarono presso il re Salomone tutti gli Israeliti nel mese di Etanìm, cioè il settimo mese, durante la festa. Quando furono giunti tutti gli anziani d’Israele, i sacerdoti sollevarono l’arca e fecero salire l’arca del Signore, con la tenda del convegno e con tutti gli oggetti sacri che erano nella tenda; li facevano salire i sacerdoti e i leviti. Il re Salomone e tutta la comunità d’Israele, convenuta presso di lui, immolavano davanti all’arca pecore e giovenchi, che non si potevano contare né si potevano calcolare per la quantità. I sacerdoti introdussero l’arca dell’alleanza del Signore al suo posto nel sacrario del tempio, nel Santo dei Santi, sotto le ali dei cherubini. Difatti i cherubini stendevano le ali sul luogo dell’arca; i cherubini, cioè, proteggevano l’arca e le sue stanghe dall’alto. Le stanghe sporgevano e le punte delle stanghe si vedevano dal Santo di fronte al sacrario, ma non si vedevano di fuori. Vi sono ancora oggi. Nell’arca non c’era nulla se non le due tavole di pietra, che vi aveva deposto Mosè sull’Oreb, dove il Signore aveva concluso l’alleanza con gli Israeliti quando uscirono dalla terra d’Egitto. Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore. Allora Salomone disse: «Il Signore ha deciso di abitare nella nube oscura. Ho voluto costruirti una casa eccelsa, un luogo per la tua dimora in eterno». Il re si voltò e benedisse tutta l’assemblea d’Israele, mentre tutta l’assemblea d’Israele stava in piedi.

Commento al filmato: la grandiosa solennità di questo “Preludium (Fantasie)” di Bach, ci trasporta con le note possenti dell’Organo nel cuore del solenne ingresso dell’Arca dell’Alleanza nel Tempio di Gerusalemme, è grande l’emozione che proviamo di fronte alla manifestazione della Gloria del Signore:

«Appena i sacerdoti furono usciti dal santuario, la nube riempì il tempio del Signore, e i sacerdoti non poterono rimanervi per compiere il servizio a causa della nube, perché la gloria del Signore riempiva il tempio del Signore.»

SALMO Sal 28 (29)

Mostrati a noi, Signore, nella tua santa dimora.

Date al Signore, figli di Dio,

date al Signore gloria e potenza.

Date al Signore la gloria del suo nome,

prostratevi al Signore nel suo atrio santo. R

La voce del Signore è forza,

la voce del Signore è potenza.

La voce del Signore saetta fiamme di fuoco.

Nel suo tempio tutti dicono: «Gloria!». R

Il Signore è seduto sull’oceano del cielo,

il Signore siede re per sempre.

Il Signore darà potenza al suo popolo,

il Signore benedirà il suo popolo con la pace. R

Commento al filmato: le note solenni, maestose, del Pianoforte della spettacolare Marche des Davidsbündler contre les Philistins” da Carnaval di Schumann, cantano la Gloria e la Potenza del Signore:

«Il Signore è seduto sull’oceano del cielo, il Signore siede re per sempre. Il Signore darà potenza al suo popolo, il Signore benedirà il suo popolo con la pace.» 

EPISTOLA 2Cor 6, 14 – 7, 1

Seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corinzi

Fratelli, non lasciatevi legare al giogo estraneo dei non credenti. Quale rapporto infatti può esservi fra giustizia e iniquità, o quale comunione fra luce e tenebre? Quale intesa fra Cristo e Bèliar, o quale collaborazione fra credente e non credente? Quale accordo fra tempio di Dio e idoli? Noi siamo infatti il tempio del Dio vivente, come Dio stesso ha detto: «Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente». In possesso dunque di queste promesse, carissimi, purifichiamoci da ogni macchia della carne e dello spirito, portando a compimento la santificazione, nel timore di Dio.

Commento al filmato: è di una solenne bellezza questo “Andante-Larghetto” del “Concerto a due Corni” di Händel, le armonie spettacolari dei due strumenti solisti in dialogo con l’Orchestra, ci fanno vivere intensamente la promessa del Signore:

«Abiterò in mezzo a loro e con loro camminerò e sarò il loro Dio, ed essi saranno il mio popolo. Perciò uscite di mezzo a loro e separatevi, dice il Signore, non toccate nulla d’impuro. E io vi accoglierò e sarò per voi un padre e voi sarete per me figli e figlie, dice il Signore onnipotente.»

VANGELO Mt 21, 12-16

✠ Lettura del Vangelo secondo Matteo

In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nel tempio e scacciò tutti quelli che nel tempio vendevano e compravano; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe e disse loro: «Sta scritto: “La mia casa sarà chiamata casa di preghiera”. Voi invece ne fate un covo di ladri». Gli si avvicinarono nel tempio ciechi e storpi, ed egli li guarì. Ma i capi dei sacerdoti e gli scribi, vedendo le meraviglie che aveva fatto e i fanciulli che acclamavano nel tempio: «Osanna al figlio di Davide!», si sdegnarono, e gli dissero: «Non senti quello che dicono costoro?». Gesù rispose loro: «Sì! Non avete mai letto: “Dalla bocca di bambini e di lattanti hai tratto per te una lode”?».

Commento al filmato: è impetuoso, travolgente il “Finale-Presto” della Sinfonia in Fa min “La Passione” di Haydn – le note veementi dell’Orchestra, descrivono con viva luce la passione di Gesù per la Casa del Padre:

«Sta scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera. Voi invece ne fate un covo di ladri».

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