3 Novembre 2024 2a Domenica dopo la Dedicazione Omelia di don Angelo
Quando è festa negli occhi di Dio
Seconda domenica dopo la Dedicazione
3 novembre 2024
omelia di don Angelo
Frammenti dalle letture, senza la pretesa di illuminare l’affresco, con il desiderio umile di scoprirne qua e là tocchi dell’anima, fili sottili che fanno intreccio.
E vorrei iniziare da un grumo di parole del rotolo di Isaia. Ogni volta che le leggo, mi fermo; e, pur se cerco di continuare, è come se mi richiamassero indietro. Forse hanno fermato anche voi. Sono in bocca a Dio: «Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. Non dica l’eunuco: “Ecco, io sono un albero secco!”». Sia un eunuco a dirlo, sia uno straniero, sia una donna o un uomo, chicchessia, ognuno di noi sente in queste parole come il riverbero triste, desolato, sconsolato di una ferita profonda e vado immaginando gli occhi, il velo negli occhi, di chi nella vita è sul punto di pronunciarle o le ha già, purtroppo, a volte, forse troppe volte, pronunciate: “Ecco, io sono un albero secco!”. Quanta amarezza, da strazio. Vorrei dire, da strazio anche per chi le ascolta. E tu quante volte le hai ascoltate e quante forse ti sei sentito impotente a cancellarle dalla piega di quegli occhi dolenti e hai pregato Dio che arrivasse dove tu non potevi.
Perché per Dio non è così. Per lui nessuno è, né sarà mai, un albero secco; né mal lo sfiorerà pensiero di escludere qualcuno. Dio ci ha dato nome di “figli”, che è nome di casa, ha sapore di pane e di occhi. Siamo noi che creiamo nomi di esclusione: nella vita, e ai nostri giorni, quanti nomi che dicono esclusione, nomi che gridano disistima, o indifferenza, persino ribrezzo; ha perso colore il nome di “figlio. Come dicessimo : “Tu nel territorio del mio cuore non hai posto. Sì, perchè, prima che escluderlo dalla casa o dalla chiesa o dalla terra il diverso lo escludiamo dal territorio del cuore. E’ il primo territorio che andrebbe bonificato. Ed è pazzesco che la spinta a tagliare alberi considerati secchi venga talvolta da noi che dichiariamo di credere in Dio, in un Dio che dà loro nome di “figli”, nome di “suo popolo”: un Dio che la sua casa la chiama “casa di preghiera per tutti i popoli”.
Voi mi capite, non stiamo parlando solo di un fenomeno – e già ci sarebbe da rabbrividire, quello dell’immigrazione – ma di un modo di guardare il mondo: rami secchi da tagliare dalla nostra terra o dalla città o dalla famiglia o dalla scuola o dal mondo del lavoro o dalle nostre stesse comunità.
Ho troppo indugiato sull’albero secco. Vorrei imparare da Dio, vorrei imparare Dio. Viene in soccorso anche la parabola. E’ solo una suggestione: fa il rovescio dello sradicamento dell’albero vecchio, la leggo come un canto all’accoglienza senza ‘se’ e senza ‘ma’, a custodire nella vita, dico anche quella più quotidiana, un modo nuovo e antico di vedere e di sentire, il modo di Dio.
Già è bello che sia una parabola a pranzo, nella bellezza del mangiare insieme; bello che Gesù accetti invito anche da un fariseo, e non esclude. Però, quando è il punto, le cose le dice. E ad aprire il varco al punto è una esclamazione di un invitato: “Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!”. Gesù, che legge sin nel tono della voce, è come se vi cogliesse una sfumatura di presunzione: a quella cena i chiamati siamo noi. E racconta di una cena, una cena sulla terra, l’altra sarà il seguito. E già dalle prime parole dà respiro all’ampiezza: “Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti”. Grande cena, molti inviti: questo nelle corde di Dio. Tant’è che il pieno della sala gli sta così a cuore che alla fine quasi costringe ad entrare. Sogno: forse li costringe perché esitano – albero secco –vestiti come sono, vestiti di povertà e fragilità: ““Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”.
Questi sono di quelli che ancora sanno meravigliarsi: “Una cena! Una cena per noi!”. Essere alla stessa tavola, mangiare lo stesso pane, e bere il vino, fare festa. Ed esserci tutti anche gente di strade e di piazze, tutti, una smisuratezza, la bellezza. La bellezza sta dove non c’è la logica stretta del contraccambio. E dove Dio rivela la sua arte, la sua originalità, che non sta in un colore solo: fanno colore per lui anche gli abiti dei poveri, degli storpi, dei ciechi e degli zoppi.
Ebbene tutto questo non è niente o poco niente per quelli danno nome a cose per loro ben più importanti che l’essere negli occhi di Dio o di qualcuno. Al primo posto mettevano altro, altro che vedere festa negli occhi di Dio per la sala piena. Si erano autoesclusi. Se fossero venuti. ci sarebbero stati a metà o anche meno: con la testa ai buoi da provare o a una moglie tenuta come in un sequestro di dominio.
Sento venire anche da questa parabola un invito a stare lontano dall’aria del possesso, dalla legge della del contraccambio, dalla durezza della presunzione. Stare nel gratuito di Dio. Che Gesù ci raccontò con la sua vita. Avvicinarci a questa logica significa costruire squarci di umanità oggi e avere un’anima per godere del futuro di Dio.
Nel vangelo di Luca la parabola sembra nascere da un invito di Gesù a non lasciarsi imprigionare dalla legge del contraccambio; vi leggo: “Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici né i tuoi fratelli né i tuoi parenti né i ricchi vicini, perché a loro volta non ti invitino anch’essi e tu abbia il contraccambio. Al contrario, quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti” (Lc 14, 12-14).
Poi abbiamo dimenticato, presto abbiamo dimenticato. Io ho dimenticato.
Letture
LETTURA Is 56, 3-7
Lettura del profeta Isaia
In quei giorni. Isaia disse: «Non dica lo straniero che ha aderito al Signore: “Certo, mi escluderà il Signore dal suo popolo!”. Non dica l’eunuco: “Ecco, io sono un albero secco!”. Poiché così dice il Signore: “Agli eunuchi che osservano i miei sabati, preferiscono quello che a me piace e restano fermi nella mia alleanza, io concederò nella mia casa e dentro le mie mura un monumento e un nome più prezioso che figli e figlie; darò loro un nome eterno che non sarà mai cancellato. Gli stranieri, che hanno aderito al Signore per servirlo e per amare il nome del Signore, e per essere suoi servi, quanti si guardano dal profanare il sabato e restano fermi nella mia alleanza, li condurrò sul mio monte santo e li colmerò di gioia nella mia casa di preghiera. I loro olocausti e i loro sacrifici saranno graditi sul mio altare, perché la mia casa si chiamerà casa di preghiera per tutti i popoli”».
Commento al filmato:è di una bellezza solare questo “Prélude”in Do Magg. di Bach; le note dolcissime, fiduciose, del PIanoforte, raccontano con toni struggenti la profezia di Isaia:
«Condurrò sul mio monte santo gli stranieri che restano fermi nella mia alleanza.»
SALMO Sal 23 (24)
Il Signore si rivela a chi lo teme.
Del Signore è la terra e quanto contiene:
il mondo, con i suoi abitanti.
È lui che l’ha fondato sui mari
e sui fiumi l’ha stabilito. R
Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro,
chi non si rivolge agli idoli,
chi non giura con inganno. R
Egli otterrà benedizione dal Signore,
giustizia da Dio sua salvezza.
Ecco la generazione che lo cerca,
che cerca il tuo volto, Dio di Giacobbe. R
Commento al filmato:è un canto gioioso, esultante, quello dell’Organo e dell’Orchestra nell’entusiasmante “Allegro”del Concerto in Si b Magg. di Händel, le loro note si dipanano in un dialogo spumeggiante con armonie solenni che ci invitano a cantare con il salmista l’Inno di lode:
«Chi potrà salire il monte del Signore?
Chi potrà stare nel suo luogo santo?
Chi ha mani innocenti e cuore puro»
EPISTOLA Ef 2, 11-22
Lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, ricordatevi che un tempo voi, pagani nella carne, chiamati non circoncisi da quelli che si dicono circoncisi perché resi tali nella carne per mano d’uomo, ricordatevi che in quel tempo eravate senza Cristo, esclusi dalla cittadinanza d’Israele, estranei ai patti della promessa, senza speranza e senza Dio nel mondo. Ora invece, in Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini, grazie al sangue di Cristo. Egli infatti è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola, abbattendo il muro di separazione che li divideva, cioè l’inimicizia, per mezzo della sua carne. Così egli ha abolito la Legge, fatta di prescrizioni e di decreti, per creare in se stesso, dei due, un solo uomo nuovo, facendo la pace, e per riconciliare tutti e due con Dio in un solo corpo, per mezzo della croce, eliminando in se stesso l’inimicizia. Egli è venuto ad annunciare pace a voi che eravate lontani, e pace a coloro che erano vicini. Per mezzo di lui infatti possiamo presentarci, gli uni e gli altri, al Padre in un solo Spirito. Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù. In lui tutta la costruzione cresce ben ordinata per essere tempio santo nel Signore; in lui anche voi venite edificati insieme per diventare abitazione di Dio per mezzo dello Spirito.
Commento al filmato:è un annuncio raggiante, esultante quello di san Paolo agli efesini: «In Cristo Gesù, voi che un tempo eravate lontani, siete diventati vicini.» il tripudio di note gioiose dello spumeggiante“Allegro”del “Divertimento” di Mozart, ne fa un racconto emozionante:
«Così dunque voi non siete più stranieri né ospiti, ma siete concittadini dei santi e familiari di Dio, edificati sopra il fondamento degli apostoli e dei profeti, avendo come pietra d’angolo lo stesso Cristo Gesù.»
VANGELO Lc 14, 1a. 15-24
✠ Lettura del Vangelo secondo Luca
In quel tempo. Un sabato il Signore Gesù si recò a casa di uno dei capi dei farisei. Uno dei commensali gli disse: «Beato chi prenderà cibo nel regno di Dio!». Gli rispose: «Un uomo diede una grande cena e fece molti inviti. All’ora della cena, mandò il suo servo a dire agli invitati: “Venite, è pronto”. Ma tutti, uno dopo l’altro, cominciarono a scusarsi. Il primo gli disse: “Ho comprato un campo e devo andare a vederlo; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli; ti prego di scusarmi”. Un altro disse: “Mi sono appena sposato e perciò non posso venire”. Al suo ritorno il servo riferì tutto questo al suo padrone. Allora il padrone di casa, adirato, disse al servo: “Esci subito per le piazze e per le vie della città e conduci qui i poveri, gli storpi, i ciechi e gli zoppi”. Il servo disse: “Signore, è stato fatto come hai ordinato, ma c’è ancora posto”. Il padrone allora disse al servo: “Esci per le strade e lungo le siepi e costringili a entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».
Commento al filmato:il ritmo travolgente dell’orchestra nell’impetuoso “Allegro”dal Concerto in Sol “Brandemburghese” di Bach, ci introduce nell’atmosfera drammatica di questa parabola di Gesù; nel rifiuto degli invitati, anche noi ci sentiamo interpellati per i nostri piccoli o grandi rifiuti quotidiani alla Sua misteriosa chiamata, ma la misericordia del Signore è sempre più forte del rifiuto dell’Uomo:
«“Esci per le strade e lungo le siepi e costringili ad entrare, perché la mia casa si riempia. Perché io vi dico: nessuno di quelli che erano stati invitati gusterà la mia cena”».