24 Marzo 2024 Domenica delle Palme omelia di don Angelo
Uno così va profumato
Domenica delle Palme
24 marzo 2024
omelia di don Angelo
Noi, la scorsa domenica, ci siamo fermati all’aria che si respirava per le strade di Betania di ritorno da una grotta violata nella sua inesorabilità. Possiamo immaginare come la notizia di Lazzaro redivivo corresse irrefrenabile, suscitando stupore. Ma domenica, forse per bisogno di bellezza, abbiamo sottaciuto che la notizia aveva raggiunto anche i piani alti del potere religioso là dove il dominio conta più della vita di una persona o di un popolo. Ecco la chiusa: “Allora i capi dei sacerdoti e i farisei riunirono il sinedrio e dissero: “Che cosa facciamo? Quest’uomo compie molti segni. Se lo lasciamo continuare così, tutti crederanno in lui, verranno i Romani e distruggeranno il nostro tempio e la nostra nazione Da quel giorno dunque decisero di cciderlo”.
Ebbene vorrei ricordarvi il versetto che fa come da spartiacque tra i due racconti, tomba e cena. Eccolo: ”Gesù dunque non andava più in pubblico tra i Giudei, ma da lì si ritirò nella regione vicina al deserto, in una città chiamata Èfraim, dove rimase con i discepoli”.
Ebbene perché puntigliosamente ricordare questo ultimo versetto ignorato dalle nostre letture domenicali? Perché mi è venuto spontaneo chiedermi che cosa si muovesse nel cuore di Gesù durante la cena nella casa di Betania. Il versetto mi sembra aprire una fessura: “Gesù non andava più in pubblico…si ritirò in una regione vicina al deserto”. E come non pensare dunque che nel cuore di Gesù durante la cena ci fosse come un alternarsi di pensieri e sentimenti, osrei dire contrastanti? Ospite alla cena per condividere gratitudine al Padre che aveva ascoltato il suo grido per l’amico. E dunque sia festa! Ma come avrebbe potuto cancellare dal cuore quella triste sensazione di essere come braccato, un presentimento di morte? E il suo bisogno di un luogo di intimità in cui il segreto che si portava dentro potesse essee ospitato e condiviso. Capita anche a noi. Trovò l’amica. Niente parole. Capì tutto. C’è qualcuno che ha la rara capacità di leggerti negli occhi ciò che ti passa nel cuore.
Forse anche a lui, perdonate, accadeva una sorta di spaesamento, quello che proviamo anche noi quando, a fronte della gravità delle situazioni, ci si perde in questioni di poco conto, in discussioni del nulla. E che così fosse ne è una prova la sua reazione immediata alle parole di chi criticava duramente Maria per lo spreco del profumo, per quel prezzo che era semplicemente una follia: “Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me”. Quel suo segreto, l’uccisione avvistata, alle porte, era arrivato al cuore della sua amica, poi aveva fatto sosta per profumo nelle sue mani, nei suoi capelli. Era per maria il modo di dirgli che profumo era lui, anche oltre la morte.
Gli altri a discutere del prezzo del profumo, lei, tenera, a pensare a un altro prezzo: il prezzo che stava per pagare il rabbi di Nazaret, Gesù, il suo amico. A costo di vita pagava il suo modo di essere Messia, le sue parole e i suoi gesti, il suo essere per gli altri. a difesa di ognuno, anche dei più sprovveduti, a difesa da ogni tirannia velata o palese. Con il suo messaggio minava alle radici un sistema religioso, che, snaturando la fede dei padri, imponeva un’immagine ossessiva di Dio, imponeva precetti che loro, i capi, al dire di Gesù, non smuovevano neppure con un dito. Aveva liberato donne e uomini: non più schiavi, ma figli. “Se lo lasciamo continuare così…”: argomentavano i capi. Uno così andava fermato.
La sua crocifissione fu il prezzo della nostra libertà. Va profumato. Noi non avremo mai finito di capire, né di profumarlo, perché l’immensità di un amore non può abitare tutta i nostri occhi, solo ritagli, né il profumo potrà esaurire la gratitudine.
Ci viene chiesto anche in questi giorni della Settimana Santa il cantuccio intimo appartato di Maria, per contemplare. In silenzio. E’ da brivido il silenzio che si fa nelle chiese il Venerdì santo quando nel racconto della passione si giunge al punto in cui si legge di Gesù che dà il suo ultimo respiro. Si interrompe il racconto, accade il silenzio.
E la domanda che si affacciai al cuore è: “Perché sei morto, Signore?”. Non è stata una morte qualunque. La domanda vera è: “Perché sei stato ucciso, perché sei stato inchiodato a una croce, morte di malfattore?”. Non fu un caso. Mi ritorna la preghiera:
Non dovevi più camminare.
Era necessità ai potenti
fermarti:
passavi facendo il bene,
schiodavi i paralitici
alzavi la testa ai poveri
facevi camminare i sogni.
Era necessità fermarti,
eri pericolo.
Colpi di chiodi
che pesano sul mondo
sfondando il mio cuore.
Fermo per sempre,
legato a una croce,
imprigionato l’imprigionabile.
Fisso da lontano
la trafittura dei chiodi
adoro il segno
della mia libertà
Ti appartiene
morte di malfattore.
Sei morto in un grido,
dolore sgolato
dell’umanità.
E si fece notte
nel cielo rabbrividito.
Nel buio estremo
perché nessuno degli umani
fosse senza compagno
nell’ora estrema.
Sei rimasto nella morte
a braccia allargate,
accoglienza universale,
casa di tutti
e nessuno osi scrivervi
appartenenze.
Reciso
come si spezza un ramo secco.
Sei diventato albero fiorito,
l’albero della vita
per noi che ti chiamiamo
Signore e fratello.
Le Letture
LETURA Is 52, 13 – 53, 12
Lettura del profeta Isaia
Così dice il Signore Dio: «Ecco, il mio servo avrà successo, sarà onorato, esaltato e innalzato grandemente. Come molti si stupirono di lui – tanto era sfigurato per essere d’uomo il suo aspetto e diversa la sua forma da quella dei figli dell’uomo –, così si meraviglieranno di lui molte nazioni; i re davanti a lui si chiuderanno la bocca, poiché vedranno un fatto mai a essi raccontato e comprenderanno ciò che mai avevano udito. Chi avrebbe creduto al nostro annuncio? A chi sarebbe stato manifestato il braccio del Signore? È cresciuto come un virgulto davanti a lui e come una radice in terra arida. Non ha apparenza né bellezza per attirare i nostri sguardi, non splendore per poterci piacere. Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima. Eppure egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori; e noi lo giudicavamo castigato, percosso da Dio e umiliato. Egli è stato trafitto per le nostre colpe, schiacciato per le nostre iniquità. Il castigo che ci dà salvezza si è abbattuto su di lui; per le sue piaghe noi siamo stati guariti. Noi tutti eravamo sperduti come un gregge, ognuno di noi seguiva la sua strada; il Signore fece ricadere su di lui l’iniquità di noi tutti. Maltrattato, si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca; era come agnello condotto al macello, come pecora muta di fronte ai suoi tosatori, e non aprì la sua bocca. Con oppressione e ingiusta sentenza fu tolto di mezzo; chi si affligge per la sua posterità? Sì, fu eliminato dalla terra dei viventi, per la colpa del mio popolo fu percosso a morte. Gli si diede sepoltura con gli empi, con il ricco fu il suo tumulo, sebbene non avesse commesso violenza né vi fosse inganno nella sua bocca. Ma al Signore è piaciuto prostrarlo con dolori. Quando offrirà se stesso in sacrificio di riparazione, vedrà una discendenza, vivrà a lungo, si compirà per mezzo suo la volontà del Signore. Dopo il suo intimo tormento vedrà la luce e si sazierà della sua conoscenza; il giusto mio servo giustificherà molti, egli si addosserà le loro iniquità. Perciò io gli darò in premio le moltitudini, dei potenti egli farà bottino, perché ha spogliato se stesso fino alla morte ed è stato annoverato fra gli empi, mentre egli portava il peccato di molti e intercedeva per i colpevoli».
Commento al filmato: le note dolenti, struggenti, del Pianoforte nella delicata “Variazione 25” da “Variazioni Goldberg” di Bach, cantano con toni appassionati la profezia di Isaia che prefigura la Passione di Cristo:
«Disprezzato e reietto dagli uomini, uomo dei dolori che ben conosce il patire, come uno davanti al quale ci si copre la faccia; era disprezzato e non ne avevamo alcuna stima.»
SALMO Sal 87 (88)
Signore, in te mi rifugio.
Signore, Dio della mia salvezza,
davanti a te grido giorno e notte.
Giunga fino a te la mia preghiera,
tendi l’orecchio alla mia supplica. R
Io sono sazio di sventure,
la mia vita è sull’orlo degli inferi.
Sono annoverato fra quelli che scendono nella fossa,
sono come un uomo ormai senza forze.
Sono libero, ma tra i morti. R
Hai allontanato da me i miei compagni,
mi hai reso per loro un orrore.
Sono prigioniero senza scampo,
si consumano i miei occhi nel patire.
Tutto il giorno ti chiamo, Signore,
verso di te protendo le mie mani. R
Commento al filmato: in questo delicato “Adagio” di Michèl Corrette, l’Organo e l’Orchestra intessono uno struggente dialogo per cantare il Responsoriale Signore, in te mi rifugio tratto dal salmo 88/87:
«Signore, Dio della mia salvezza, davanti a te grido giorno e notte.»
sono coinvolgenti le immagini di De Zurbaran “San Girolamo flagellato dagli Angeli”, di Camillo “martirio di san Bartolomeo” e di Sebastiano Ricci “la pazienza di Giobbe”.
EPISTOLA Eb 12, 1b-3
Lettera agli Ebrei
Fratelli, avendo deposto tutto ciò che è di peso e il peccato che ci assedia, corriamo con perseveranza nella corsa che ci sta davanti, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, colui che dà origine alla fede e la porta a compimento. Egli, di fronte alla gioia che gli era posta dinanzi, si sottopose alla croce, disprezzando il disonore, e siede alla destra del trono di Dio. Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.
Commento al filmato: nello splendido “Adagio” dal Concerto in Do min di Vivaldi, il canto spiegato, struggente, dell’Oboe, accompagnato dalle note profonde, ritmate di Violoncello e Contrabbasso, racconta le accorate raccomandazioni di san Paolo agli Ebrei:
«Pensate attentamente a colui che ha sopportato contro di sé una così grande ostilità dei peccatori, perché non vi stanchiate perdendovi d’animo.»
VANGELO Gv 11, 55 – 12, 11
✠ Lettura del Vangelo secondo Giovanni
In quel tempo. Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Intanto i capi dei sacerdoti e i farisei avevano dato ordine che chiunque sapesse dove si trovava lo denunciasse, perché potessero arrestarlo. Sei giorni prima della Pasqua, Gesù andò a Betània, dove si trovava Lazzaro, che egli aveva risuscitato dai morti. E qui fecero per lui una cena: Marta serviva e Lazzaro era uno dei commensali. Maria allora prese trecento grammi di profumo di puro nardo, assai prezioso, ne cosparse i piedi di Gesù, poi li asciugò con i suoi capelli, e tutta la casa si riempì dell’aroma di quel profumo. Allora Giuda Iscariota, uno dei suoi discepoli, che stava per tradirlo, disse: «Perché non si è venduto questo profumo per trecento denari e non si sono dati ai poveri?». Disse questo non perché gli importasse dei poveri, ma perché era un ladro e, siccome teneva la cassa, prendeva quello che vi mettevano dentro. Gesù allora disse: «Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me». Intanto una grande folla di Giudei venne a sapere che egli si trovava là e accorse, non solo per Gesù, ma anche per vedere Lazzaro che egli aveva risuscitato dai morti. I capi dei sacerdoti allora decisero di uccidere anche Lazzaro, perché molti Giudei se ne andavano a causa di lui e credevano in Gesù.
Commento al filmato: nello stupendo“Andante Espressivo” in La min da “Songs Without Words” di Mendelssohn, il Pianoforte canta con note accorate il viaggio di Gesù verso Gerusalemme, verso la Sua Passione: «Era vicina la Pasqua dei Giudei e molti dalla regione salirono a Gerusalemme prima della Pasqua per purificarsi. Essi cercavano Gesù e, stando nel tempio, dicevano tra loro: «Che ve ne pare? Non verrà alla festa?». Nello splendido, dolcissimo “Largo” del Concerto in La min di Vivaldi, il canto struggente dell’Oboe, ci fa vivere con grande emozione la scena della Cena di Betania:
«Lasciala fare, perché ella lo conservi per il giorno della mia sepoltura. I poveri infatti li avete sempre con voi, ma non sempre avete me».